Cosa cambia per il vincolo sportivo con la nuova riforma dello sport? Con cinque decreti legislativi dello scorso Febbraio è iniziato un lungo e tortuoso percorso di modifica di alcuni aspetti dell’organizzazione del mondo sportivo, fortemente voluto dall’attuale Governo, rappresentato in primis dal Ministro Spadafora.
La riforma, che sarebbe dovuta entrare in vigore tra il Gennaio e il Luglio del prossimo anno, purtroppo, ha visto, prima in sede emanazione del “Decreto Sostegni” e poi in sede di conversione dello stesso, prima avanti la Camera e poi anche avanti il Senato, due sostanziali proroghe che ne hanno ritardato l’entrata in vigore praticamente al 1 Gennaio 2024.
Con ogni probabilità il motivo di questo ritardo può essere rinvenuto nel forte impatto che la riforma andrebbe ad avere nei confronti delle Società Sportive Dilettantistiche, piegate ad oggi, da due anni di sacrifici dovuti alle ben note restrizioni a contenimento della pandemia.
Ma vediamo insieme, grazie alle guide di Cambiosquadra, quali sono (o sarebbero) i tratti salienti della riforma, con chiaramente un occhio di riguardo per le tematiche inerenti al mondo del Calcio.
Come anticipato la Riforma si sostanzia in quanto previsto dai Decreti del 26 Febbraio 2021, approvati dal Consiglio dei Ministri in attuazione degli articoli 5, 6, 7, 8 e 9 della Legge delega 8 agosto 2019, n. 86, in materia di lavoro sportivo, di semplificazioni e sicurezza in materia di sport.
Detti Decreti riguardano nello specifico:
III) D.Lgs. n. 38/2021 recante il riordino e la riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi;
Purtroppo, in seguito all’approvazione del Decreto Sostegni, la Riforma è stata quasi interamente prorogata al Gennaio 2024, fatte salve alcune disposizioni del D.Lgs. n. 36/2021 che entreranno in vigore nel Gennaio 2022.
Tra queste troviamo, tra le altre, interessanti modifiche per le ASD e SSD (vedi infra), l’introduzione della figura del Chinesiologo di Base e dello Sport e del Manager dello Sport e provvedimenti a favore del professionismo femminile (l’istituzione del “Fondo per il professionismo negli sport femminili” con una dotazione complessiva di 10,7 milioni di euro) e a favore degli atleti diversamente abili (parità di trattamento economico rispetto agli atleti normodotati e possibilità per gli appartenenti ai gruppi militari di prendere servizio o essere congedati al termine dell’attività agonistica).
Per quanto riguarda invece le disposizioni dei restanti 4 Decreti analizzeremo di seguito quanto previsto dal n. 37/2021 in materia di Agenti Sportivi, rimandando ad altro contributo quanto previsto dai D.Lgs. n. 38, 39 e 40 segnalando unicamente, poiché rilevante, la previsione di cui al n. 39/2021 di istituzione del “Registro delle Attività Sportive Dilettantistiche”, tenuto presso Il Dipartimento dello Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri che offrirà la possibilità alle ASD di ottenere immediatamente la personalità giuridica con la sola iscrizione (con evidenti vantaggi in termini di sgravio di responsabilità per le figure apicali delle stesse Associazioni).
Partiamo dal D.Lgs n. 36/2021, che contiene il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo.
Per quanto riguarda il lavoro sportivo, punto cardine della riforma e che sarà oggetto di un separato contributo all’interno della sezione “Guide di Cambiosquadra.it”, vale solo la pena evidenziare l’introduzione della figura del lavoratore sportivo e quella dell’amatore, che prende il posto dello sportivo dilettante, con caratteristiche che richiamano la figura del volontario delineata nel Codice del Terzo Settore. Per lavoratore sportivo si intende invece l'atleta, l'allenatore, l'istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l'attività sportiva verso un corrispettivo al di fuori delle prestazioni amatoriali; le prestazioni del lavoratore, così definito, potranno quindi inquadrarsi in un rapporto di lavoro subordinato, autonomo e co.co.co.
Ciò detto, veniamo alle principali novità in tema di ASD e SSD, iniziando col dire che negli intenti riformisti, le società sportive dilettantistiche potranno assumere qualsiasi forma societaria tra quelle previste dal libro V del Codice Civile (quindi, sia di capitali sia di persone) ed inoltre potranno assumere la qualifica di Enti del Terzo Settore e di Impresa Sociale, sempre che sussistano i requisiti di Legge.
Il mancato richiamo alle Società Cooperative rappresenta subito una prima criticità della nuova disposizione, in quanto ad oggi sono moltissime le organizzazioni dilettantistiche costituite in tale forma. Semplice dimenticanza o cosciente esclusione? Ad oggi non è dato saperlo.
Altro tema di grande impatto è dato dall’obbligo per ASD e SSD di svolgere in modo prevalente e stabile l’attività di organizzazione della attività sportiva, a discapito delle attività secondarie, sempre esercitabili ma unicamente nei modi e con i limiti descritti in un successivo Decreto ad oggi non ancora emanato.
Anche in questo caso non si può che convenire in un momentaneo stato di confusione della normativa che comunque risulterebbe atta a generare non poche difficoltà alle società dilettantistiche che, storicamente ed in percentuale, guadagnano molto di più dalle attività secondarie rispetto a quella sportiva principale.
Altro intervento riformatore riguarda la possibilità di distribuzione in via molto limitata degli utili derivanti dalla attività, sempre mantenendo però l’assenza di scopo di lucro, e la possibilità di rimborso della quota versata, rivalutata, al socio uscente.
Detto intervento vorrebbe, nell’ottica del riformatore, agevolare ed invogliare gli investimenti da parte degli imprenditori nelle società dilettantistiche. Anche in questo caso, sino a quando la Riforma non diventerà d’attualità, non potremo sapere se effettivamente sarà così.
A braccetto con l’istituzione della nuova figura del “lavoratore sportivo” (che, vista l’importanza, sarà oggetto di un separato e dedicato contributo), va la seconda, epocale, proposta di riforma, ovvero l’abolizione del vincolo sportivo nel dilettantismo.
Come è noto, il vincolo sportivo, che in modo sbrigativo possiamo definire semplicemente come il vincolo di esclusiva che nasce dal tesseramento per una società sportiva, è stato abolito nel professionismo con la L. 91/1981; con il venir meno di detto vincolo, il calciatore può rimanere tesserato per una qualsiasi società solo in forza di contratti di prestazione sportiva della durata massima (ad oggi) di 5 anni, e comunque prorogabili.
Detti contratti, ovviamente, sono onerosi e quindi rappresentano un costo per le società.
Fino a qui niente di nuovo. Questa situazione perdura nel professionismo come detto dagli anni ’80.
Diversamente, la svolta riformista, porterebbe l’abolizione di detto vincolo anche nel mondo dei dilettanti; qui la situazione risulta diametralmente opposta.
Si perché mentre il mondo del professionismo può comunque contare su entrate economiche relativamente importanti (botteghino, diritti TV, ecc…), nei dilettanti l’unico “patrimonio” delle società è rappresentato proprio dal parco giocatori, che dai 14 e comunque dai 16 anni in poi, col tesseramento, assumono un particolare vincolo sino al 25esimo anno di età.
Risulta evidente che, abolendo il suddetto vincolo, le società sportive dilettantistiche verrebbero a subire un doppio danno, da una parte verrebbe meno questo patrimonio dato per l’appunto dalla proprietà (sino ai 25 anni) dei calciatori (e quindi la possibilità di monetizzare con la loro cessione) e dall’altra, al contrario, il mantenimento dei calciatori diventerebbe un costo, mentre prima era gratuito (adesso infatti servirebbe il contratto).
Per questi motivi è facile intuire come, ad oggi ed in questa formulazione, la Riforma dello Sport non sia vista di buon grado dal mondo del dilettantismo.
Il Decreto n. 37, come anticipato, tratta il tema già introdotto dal post deregulation FIFA del 2015, dei rapporti di rappresentanza degli atleti e delle società sportive e di accesso ed esercizio della professione di Agente Sportivo.
Già da qualche anno, infatti, per poter assistere gli atleti professionisti (o le società) e coadiuvarli nella redazione, interpretazione e stipula dei contratti di prestazione sportiva serve il superamento di un primo esame abilitativo a carattere nazionale da svolgersi presso il CONI e poi un successivo esame organizzato dalla competente Federazione sportiva (nel nostro caso FIGC).
Venendo alle proposte di Riforma, il nuovo Regolamento riprende, in gran parte, le linee guida già sancite nel Regolamento Agenti di Calciatori del 2010 (che peraltro rimane in vigore per quanto non espressamente previsto) con però alcune significative novità come, a titolo esemplificativo, la possibilità di ricevere il compenso, sia esso stabilito in via forfettaria o percentuale, anche sul valore della transazione in caso di cessione/acquisto del calciatore oltre che sulla retribuzione lorda e la possibilità di assistere i minori dal 16 anno di età, in forma gratuita e con il consenso di almeno un esercente la potestà genitoriale (in sede di riforma dello Sport è stata abbassata l’età ai 14 anni).
Infine, tra le novità, il nuovo Regolamento da la possibilità a chi sia in possesso di titolo abilitativo rilasciato da altro Paese UE di potersi iscrivere nella sezione speciale del Registro Agenti come “Agente Stabilito”; trascorsi 3 anni dall’iscrizione e comprovando di aver effettivamente svolto l’attività in Italia e di essere in regola con l’aggiornamento professionale, l’Agente Stabilito può richiedere l’iscrizione nel Registro ordinario e l’equiparazione del titolo. Analogamente, se il soggetto risiede in Paese extra UE oppure se nel Paese di residenza l’accesso alla professione di Agente non prevede il superamento di una prova d’esame equiparabile a quella italiana, può esercitare in Italia attraverso il meccanismo della “domiciliazione” ovvero collaborando in modo stabile con un Agente regolarmente iscritto in Italia.
Diversa dalla Riforma dello Sport, ma comunque degna di menzione poiché di certa rilevanza per il mondo del Calcio, è la Riforma dei Campionati che sarà oggetto di proposta da parte della Lega di Serie A entro la fine del corrente mese di Luglio.
Sintetizzando il più possibile (in quanto, lo si ripete, ad oggi non è altro che una mera proposta con ipotesi di attivazione a partire dalla stagione 2022/2023), i termini del rimescolamento dei campionati sarebbero i seguenti:
SERIE A – 18 squadre;
SERIE B1 – 18 squadre;
SERIE B2 – 18 squadre;
SERIE C (Campionato d’elite) – divisa in 2 o 3 gironi da 18 squadre (quindi 36 o 54 squadre);
SERIE D – 162 squadre in 9 gironi.
La Serie C e D diventerebbero leghe di semiprofessionismo.
Vale solo la pena evidenziare come dette modifiche, nella mente del riformatore, vorrebbero evitare le mancate iscrizioni da parte delle società ai campionati e sostanzialmente salvaguardare e mantenere in vita nel professionismo unicamente quelle società definite virtuose.
Staremo a vedere cosa accadrà.
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