Cosa cambia al contratto sportivo? La Riforma dello Sport, prevista per il Gennaio 2024, introduce la nuova e rivoluzionaria figura del "lavoratore sportivo", che si va ad inserire quale più importante novità di tutto il nuovo impianto legislativo portato dai Decreti del febbraio 2021.
Ma quali sono i tratti salienti della normativa di riferimento? Quali potrebbero essere le reali implicazioni sul mondo del calcio dilettantistico? Riuscirà l'ideale della riforma a soddisfare sia i lavoratori dello sport che le società sportive?
Scopriamolo insieme grazie alle Guide di Cambiosquadra.it ed al seguente prezioso contributo, redatto a cura dell'Avv. Nicola Sogliani, esperto di Diritto del Lavoro e amante del calcio.
Per meglio inquadrare ed identificare le novità più rilevanti introdotte dalla nuova riforma, per quanto riguarda il contratto sportivo, risulta utile effettuare una breve digressione sull’excursus storico delle principali normative in ambito di rapporto di lavoro nell’ambito dello sport, con principale riguardo agli sportivi professionisti, partendo da quella che rappresenta sicuramente una delle principali fonti normative, ovvero La legge n. 91 del 23/03/1981, denominata appunto “norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”.
Il legislatore, utilizzando il sostantivo “rapporti”, fece implicito ed esclusivo riferimento a “rapporti di lavoro” intercorrenti tra le parti interessate.
Il concetto giuridico di rapporto di lavoro sportivo, si applicava quindi solo tra due soggetti (lavoratore e datore), che rientrino nella specifica categoria dei cosiddetti “professionisti.
Può definirsi sportivo professionista, soltanto colui il quale esercita attività sportiva a favore di una società sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI che hanno riconosciuto il professionismo.
Le federazioni sportive italiane affiliate al CONI, che hanno riconosciuto il professionismo sono:
Tornando alla disciplina normativa oggi ancora in vigore, l’art. 2 della Legge 91/81, contiene l’elenco degli sportivi (figure), definiti professionisti, ai quali applicare il contratto di lavoro subordinato richiamato dalla stessa legge.
Trattasi di: atleti, allenatori, direttori tecnico sportivi e preparatori atletici.
In realtà, solo per l’atleta, vige la presunzione di rapporto di lavoro subordinato, mentre per le altre figure professionali invece, il tipo di rapporto, dovrà essere accertato di volta in volta sulla base di criteri forniti dal diritto del lavoro.
Infatti, la prestazione sportiva, può formare oggetto di lavoro autonomo, solo ove ricorrano i requisiti stabiliti dall’ art. 3 comma 2 della Legge 91/81, che sono poi stati puntualmente ripresi anche nel decreto di riforma, n. 36, art. 27 comma 3 e ss.:
Il rapporto di lavoro nello sport si costituisce mediante assunzione diretta, con la stipulazione di un contratto in cui la forma scritta è richiesta ad substantiam, secondo il contratto tipo predisposto ogni tre anni dalle federazioni sportive nazionali e dai rappresentanti delle categorie interessate.
– il contratto individuale stipulato nelle forme suddette, deve essere depositato presso la federazione sportiva o presso la lega di appartenenza che lo approva perfezionandolo;
– il contratto tra sportivo professionista e società professionistica, deve necessariamente contenere la clausola di rispetto da parte dello sportivo delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici;
– sono di regola inserite anche clausole compromissorie con le quali le eventuali controversie relative all’attuazione del contratto, siano deferite a collegi arbitrali speciali (autorità giudicanti presso il CONI);
– il contratto di lavoro non può avere durata superiore a 5 anni.
Con la riforma dello Sport, debutta la figura del lavoratore sportivo con novità per i collaboratori di Asd, Ssd, Fsn, Dsa ed Eps riconosciuti dal Coni (articolo 25 e seguenti Dlgs 36/2021).
Le principali novità sono lo Stop alla distinzione fra professionisti e dilettanti nel diritto del lavoro sportivo e l’estensione delle tutele previdenziali a tutti i lavoratori sportivi (es. maternità, malattia, infortunio).
Accanto al lavoratore sportivo la riforma dello sport introduce la nuova figura dell’amatore, che come avremo modo di vedere si differenzieranno dai primi principalmente per il limite massimo di rimborsi/premi ed indennità percepiti annualmente che non potranno superare la soglia di € 10.000,00.
Punto saliente della novella è appunto l'articolo 25 del citato dlgs n. 36/2021 che individua come lavoratore sportivo l'atleta, l'allenatore, l'istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l'attività sportiva verso un corrispettivo al di fuori delle prestazioni amatoriali.
La nuova definizione supera, pertanto, l'attuale classificazione offerta dalla legge n. 91/1981 ampliando, pertanto, significativamente il perimetro di applicazione della norma non solo alle quattro federazioni che hanno riconosciuto espressamente il professionismo e includendo accanto a atleti, allenatori, direttori tecnici e sportivi, preparatori atletici, nuove figure tipizzate che possono acquisire la qualifica di lavoratore sportivo quali l’istruttore e soprattutto, rilevante e radicale novità: i direttori di gara, di cui meglio dirò in seguito.
Un’elencazione tassativa e tipizzata che sembrerebbe così a escludere dal novero chi non viene espressamente menzionato.
È il caso, ad esempio, delle altre figure dirigenziali quali ad esempio il team manager o il segretario generale, che, pur garantendo lo svolgimento di manifestazioni e attività sportive, dovranno essere ricondotti nelle normali fattispecie del lavoro subordinato o autonomo.
La riforma sancisce, inoltre, il principio secondo il quale i lavoratori sportivi possono essere impiegati tramite rapporti di lavoro subordinato, autonomo o di collaborazione coordinata e continuativa con estensione delle tutele previdenziali ed infortunistiche proprie della natura giuridica del rapporto di lavoro.
Tuttavia, mentre per quanto riguarda la definizione di lavoro sportivo nel settore professionistico, la norma non lascia margini interpretativi, prevedendo che il rapporto continuativo rientri sempre nell’ambito del lavoro subordinato, il lavoro autonomo è previsto solo in alcune fattispecie ben definite, al ricorrere di almeno uno dei requisiti, che sono stati pedissequamente mutuati dalla legge 91/81:
1) attività svolta in una singola manifestazione o più manifestazioni collegate tra loro;
2) mancanza di vincolo in meri-to alla frequenza di sedute di allenamento;
3) l’impegno del soggetto non superi le 8 ore settimanali o 5 giorni al mese (articolo 27, com- ma 3 del Dlgs 36/2021).
La tipizzazione dell’inquadramento contrattuale parrebbe di non automatica applicabilità anche per quegli sportivi che fino ad oggi venivano classificati quali dilettanti, ma che in virtù della riforma, verranno in tutto e per tutto paragonati ai lavoratori professionisti sotto la comun denominazione di “lavoratore sportivo”.
Il nuovo dettato normativo al primo impatto suscita delle perplessità e potrebbe comportare delle difficoltà applicative, stante la mancanza di precisi requisiti volti ad inquadrare e tipizzare il corretto inquadramento del lavoratore sportivo operante fuori dalle quattro federazioni che da anni prevedono il professionismo.
E’ ragionevole sostenere, come accade nella generalità dei rapporti, che l’inquadramento applicabile nella maggior parte dei casi sia quello di lavoratore subordinato, ma si pensi agli atleti operanti in categorie minori di sport come basket, pallavolo o rugby che percepiscono emolumenti per oltre € 10.000,00 l’anno ma che, oltre al lavoro sportivo, svolgono anche altra distinta attività lavorativa.
In tal caso mancano disposizioni ad hoc volte ad armonizzare la disciplina del lavoratore sportivo con tutte le altre normative legate al mondo dei rapporti di lavoro subordinato, quali ad esempio quelle sull’orario massimo settimanale, sui riposi, sul lavoro festivo e feriale ecc.
Infatti la norma prevedere espressamente che l’inquadramento contrattuale, con tutte le conseguenze e le differenze che ne derivano, possa essere scelto tra autonomo, subordinato e co.co.co, in base alla libera volontà delle parti.
Sarebbe auspicabile se la medesima precisazione fosse applicabile anche ai soggetti del settore dilettantistico al fine di evitare dubbi interpretativi.
Gli ultimi articoli di CambioSquadra
Gli articoli più letti di CambioSquadra